VIRUS DELL’INFLUENZA

(RIF. RNA 01)

I virus influenzali appartengono alla famiglia Orthomyxoviridae e si dividono in tre diversi tipi: tipo A, B e C in base alle caratteristiche delle loro proteine di superficie. Il virus del tipo A è essenzialmente un virus aviario, che si adatta solo occasionalmente all'uomo e può causare l'insorgere di pandemie. I virus di tipo B e C infettano invece solo gli esseri umani:

il virus B è responsabile di piccole epidemie su scala locale mentre il tipo C causa una patologia molto lieve. L’influenza è un problema di sanità pubblica con un considerevole impatto dal punto di vista epidemiologico, clinico ed economico. Ciò è riconducibile a più fattori: l’ubiquità e la contagiosità della malattia, la variabilità antigenica dei virus, l’andamento epidemico (e periodicamente pandemico) e stagionale, la possibilità di complicanze gravi in alcune categorie di soggetti (bambini, anziani, persone con comorbidità e malattie croniche), i costi di gestione in caso di complicanze e i costi sociali (giorni lavorativi persi, perdita di produttività, ecc). L’influenza è una malattia respiratoria acuta causata da virus influenzali. È una malattia stagionale che, nell’emisfero occidentale, si presenta durante il periodo invernale. Il primo isolamento nell’uomo risale al 1933 in Inghilterra (ma in precedenza erano già stati isolati virus influenzali sia nei polli che nei suini). Da allora, ne sono stati identificati quattro tipi differenti, tutti appartenenti alla famiglia Orthomixoviridae: i tipi A e i B, responsabili della sintomatologia influenzale classica; il tipo C, di scarsa rilevanza clinica (generalmente asintomatico); il tipo D, la cui possibilità di infettare l’uomo non è ancora chiara. I virus dell’influenza A sono ulteriormente suddivisi in sottotipi sulla base di differenze molecolari nelle due glicoproteine di superficie emoagglutinina (HA) e neuraminidasi (NA).

Alla base dell’epidemiologia dell’influenza vi è la marcata tendenza dei virus influenzali a mutare, cioè presentare variazioni antigeniche nelle due glicoproteine HA e NA che permettono loro di eludere la risposta immunitaria dell’ospite dovuta a precedenti infezioni e trova quindi gran parte della popolazione immunologicamente suscettibile e può quindi diffondersi ampiamente e rapidamente. Di queste variazioni molecolari va tenuto conto nella preparazione dei vaccini, la cui composizione deve essere aggiornata tutti gli anni ed in questo le attività di sorveglianza sono fondamentali per selezionare i ceppi specifici da inserire sulla base del grado di differenza epidemiologica e sierologica rispetto a ciò che ha circolato nelle stagioni precedenti. Le pandemie si verificano ad intervalli di tempo imprevedibili e in questo secolo sono avvenute nel 1918 (Spagnola, sottotipo H1N1 responsabile di almeno 20 milioni di decessi), nel 1957 (Asiatica, sottotipo H2N2), nel 1968 (Hong Kong, sottotipo H3N2).

L’ultima pandemia influenzale, dovuta al virus A(H1N1) pdm09 si è verificata nel 2009. È comunque importante sottolineare che la comparsa di un ceppo con proteine di superficie radicalmente nuove, quindi di un virus influenzale completamente diverso da quelli precedentemente circolanti, non è di per sé sufficiente per il verificarsi di una pandemia. Occorre anche che il nuovo virus sia capace di trasmettersi da uomo a uomo in modo efficace. E i virus di sottotipo H5N1 isolati da vari individui ad Hong Kong nel 1997 non possedevano, fortunatamente, questa caratteristica. Un evento simile si è avuto nel 1999, quando due bambini, sempre di Hong Kong risultarono affetti da influenza causata dal virus sottotipo A(H9N2), solitamente infettivo sugli uccelli. Anche in questo caso, però, il virus non si è trasmesso ad altri individui e nessun nuovo caso è stato segnalato dopo l’aprile 1999. Le peculiari caratteristiche dell’influenza, rendono fondamentali le attività di sorveglianza. In particolare, è importante individuare l’inizio, la durata e intensità dell'epidemia stagionale e la distribuzione geografica utilizzando la stima dell’incidenza delle sindromi simil-influenzali (ILI, Influenza Like Illness) e attraverso l’identificazione precoce dei ceppi virali circolanti.

I virus influenzali si trasmettono prevalentemente per via aerea e si diffondono molto facilmente attraverso le goccioline di saliva che il malato produce tossendo, starnutendo o semplicemente parlando, soprattutto negli ambienti affollati e chiusi. La trasmissione avviene anche per contatto diretto con persone infette (ad esempio attraverso le mani contaminate sugli occhi, sul naso o sulla bocca) o attraverso utensili o oggetti, dato che il virus dell’influenza può persistere molto a lungo e penetrare nell’organismo attraverso le mucose. Le persone infette, sono contagiose da un giorno o due prima che i sintomi compaiono, fino a circa cinque giorni dopo l’inizio della sintomatologia, talvolta fino a 10 giorni dopo. Questo significa che il virus può essere trasmesso anche da persone apparentemente sane. I bambini e le persone con sistema immunitario indebolito, possono essere contagiosi per un tempo ancora più lungo. Vaccinarsi è il modo migliore di prevenire e combattere l’influenza, sia perché aumenta notevolmente la probabilità di non contrarre la malattia sia perché, in caso di sviluppo di sintomi influenzali, questi sono molto meno gravi e, generalmente, non seguiti da ulteriori complicanze. Inoltre, la vaccinazione antinfluenzale rappresenta un’importante misura di protezione non solo per sé stessi ma anche per chi ci sta intorno.